22 Ottobre 2020 Giovedì XXIX Settimana del Tempo Ordinario
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12,49-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
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Da dove la visione stereotipata di una fede che anestetizza, che imbambola, che spegne?
Una fede che non fa del male a nessuno, che placa la coscienza, che appanna il pensiero?
Da dove viene quella visione perbenista e paciera del cattolicesimo?
Non dal vangelo, certamente. Non da questo vangelo. Vangelo che inquieta, che si vorrebbe cancellare, che si relegherebbe volentieri nelle pagine eccessive. Quindi Gesù è venuto a portare il fuoco sulla terra, leggete bene. Un fuoco che consuma, che divora, che illumina, che riscalda. Non una tisana tiepida per far passare il raffreddore! Un fuoco di passione che spezza i finti legami, che ridimensiona gli idoli della cultura e dell’inconscio. Un fuoco che non si estingue.
Siamo talmente abituati a vivere una fede senza sussulti, senza emozioni, che ci scordiamo del fatto che la nostra appartenenza a Cristo nasce da un incontro strabiliante, pieno di amore, di fascinazione! Lasciamolo divampare questo fuoco, lasciamo che tutto ci prenda e ci consumi, che tutto ci avvolga! Allora la nostra anima diverrà una torcia che illumina chi ci sta accanto!