11 Settembre 2020 Venerdì XXIII Settimana del Tempo Ordinario
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,39-42)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
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La norma dice questo; ma siccome ogni regola ha la sua eccezione, Gesù continua con un “ma” che fa intendere che qualche novità c’è da aspettarsela. Infatti, dice esplicitamente che il maestro dal discepolo può essere almeno eguagliato. Ma non è questo il discorso che a Gesù sembra stare a cuore, bensì quello di invitare il discepolo a stare molto attento da una parte a non essere tropo sicuro di se stesso perché potrebbe rischiare di ritrovarsi nella condizione del cieco che guida un altro cieco, e dall’altra è un monito a non giudicare gli altri con superficialità, perché per la troppa sicurezza e presunzione, non gli accada come a colui che vuol togliere la pagliuzza nell’occhio di un altro mentre nel suo occhio c’è la trave.
Si capisce, allora, che la prima cosa che un discepolo dovrà imparare dal maestro è proprio l’umiltà: la via maestra per imparare qualunque altra cosa.