23 Settembre 2022 Venerdì XXV Settimana del Tempo Ordinario
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,18-22)
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Parola del Signore.
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È bene ogni tanto precisare in che relazione siamo con Gesù o, meglio ancora, chiedere a lui che ce lo faccia capire.
Uno potrebbe dire: «Gesù vive in me, lo sento; mi prende, mi guida». Un altro potrebbe dire: «Per me è un punto di riferimento a cui mi ispiro». Un altro ancora: «Egli è colui che io vorrei, a cui aspiro, ma ancora non c’è». Oppure: «Ancora non lo conosco, però sento che non ho altro al di fuori di lui». Dio è presente ed io posso avere con lui una relazione vitale, profonda: di lui ancora ho soltanto dei piccoli bagliori, delle piccole luci, non il fulgore della pienezza della sua manifestazione, ma io sono in questa relazione vitale con lui.
Dio non è una realtà che io devo cercare salendo in cielo. Dio è in me. E anche per chi si dice ateo non è che Dio non ci sia, solo non lo riconosce presente dentro di lui. La nostra vita non è altro che un avvicinarci sempre più a Dio, e il peccato non è rappresentato tanto dai singoli atti che compiamo ma è questo distacco dalla sua presenza.
Il Paradiso, al contrario, è la pienezza di questa presenza di Dio in noi, che non è una presenza percepita dai nostri occhi, ma è una presenza costitutiva fin da ora, fin da questa terra. Tutta la nostra tribolazione si deve al fatto che non sperimentiamo questa presenza, mentre il nostro cuore tende verso Dio.”