Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio.

1 Giugno 2021 Martedì IX Settimana del Tempo Ordinario
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,13-17)
In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso.
Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.
Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
E rimasero ammirati di lui.
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«Date a Cesare quel che è di Cesare», il Signore riconosce l’esistenza di un modo di aggregarsi umano proprio, con delle sue leggi interne, ma nel medesimo tempo afferma: «Date a Dio ciò che è di Dio», cioè questa struttura umana che gli uomini si danno per poter vivere insieme non può mai sostituire Dio, non può mai diventare l’Assoluto (e allora l’imperatore romano era anche un dio per loro).
La risposta profonda data da Gesù ci richiama al riconoscimento della funzione dello Stato. Uno dei segni oggi che tu riconosci lo Stato è che paghi le tasse.
Uno potrebbe dire: «Perché io devo pagare le tasse per garantire degli stipendi così alti a certe categorie?». Molti soldi vengono sciupati, gli stipendi dei politici sono troppo alti, ma tutti questi mali non possono essere combattuti con la sottrazione di denaro all’erario perché lo sottrai anche a chi ne ha bisogno.
Sono convinto che il peccato più grave su questa terra, l’offesa più alta a Dio, sia l’ingiustizia distributiva. Il non pagare le tasse non risolve queste ingiustizie ma le aggrava. Da una parte, dunque, siamo tenuti a pagare le tasse, dall’altra dobbiamo lottare, senza violenza, per fare trionfare la giustizia.