IV Convegno 2019. Riflessione a cura di Placido:
Chiamata a sé la folla con i suoi discepoli, disse loro: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e del vangelo, la salverà. E che giova all’uomo se guadagna tutto il mondo e perde la sua anima?» (Mc 8,34-36)
Carissimi fratelli a nome di tutto il Comitato Nazionale vi do il benvenuto a questo IV Convegno Nazionale della Comunità “La Nuova Gerusalemme del Rinnovamento Carismatico Cattolico”.
Chiedo a tutti i partecipanti un applauso di benvenuto a quelli che sono qui per la prima volta, che sia questo applauso espressione di gioia e di lode al Signore.
Amici carissimi vorrei, ora, insieme con voi vivere la Parola che lo Spirito Santo ci ha ispirato per questo Convegno, così, da poter crescere nella fede, nella conoscenza del Signore Gesù e avanzare nella grazia santificante.
“Chiamata a sé la folla con i suoi discepoli, disse loro: Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Il Signore donandoci questa Parola, vuole elevare il grado di spiritualità di ognuno di noi e pertanto vuole far sì che il Suo popolo cresca e non perisca per mancanza di conoscenza (cf. Esodo).
In questo cammino della nostra vita terrena, il Signore Gesù, oltre a chiamarci, vuole farsi compagno di viaggio, come è accaduto per i discepoli di Emmaus per condurci verso la nuova Gerusalemme, ed è opportuno che noi siamo attenti perché potrebbe passarci accanto e noi non ce ne accorgiamo, quindi, è opportuno che prendiamo coscienza della chiamata ricevuta e da chi l’abbiamo ricevuta, lavorandoci sopra, per poi decidersi ad andare dietro a Lui e a seguirlo dicendo il nostro “eccomi”.
A prima vista, sembrerebbe facile seguire il Signore Gesù ma non è così, dobbiamo fare i conti con la nostra natura umana. La nostra carne che ha desideri opposti allo Spirito Santo e pertanto si ribella.
Dobbiamo sapere che l’uomo nasce con il peccato originale e che dentro di noi vi è una tendenza forte al peccato, questa tendenza detta concupiscenza, è come una vena insita dentro di noi nella nostra carne, che ci porta ad avere pensieri opposti allo Spirito.
Nella lettera ai Galati (Galati 5, 16.19-25), leggiamo che le opere della carne sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere.
I frutti dello Spirito sono: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.
Due stili di vita, secondo la carne e secondo lo Spirito: la via luminosa e libera dello Spirito si contrappone al desiderio cupo e schiavizzante del vizio e del male.
Quindi rinunciare a noi stessi significa chiedere aiuto alla grazia perché da soli non c’è la possiamo fare.
Diamo, allora, uno sguardo a questi due modelli di vita che l’Apostolo Paolo concretizza attraverso una duplice lista di vizi e di virtù e cataloghi etici.
È, però, significativo notare prima la denominazione generale usata da Paolo. I vizi sono definiti «opere della carne», perché nascono dall’azione del peccatore, mentre le virtù sono «frutti dello Spirito», perché sbocciano dall’uomo che ha in sé la grazia santificante dello Spirito di Dio.
È per questo che Paolo considererà sempre le opere buone non come un merito da accampare nei confronti di Dio, ma come il frutto che deve necessariamente maturare dalla grazia divina accolta in noi.
Ho detto che non è facile seguire il Signore con le sole forze umane a causa di questa forza che si oppone ad avanzare verso una vita di santità pertanto, il Signore Gesù vuole farci ora spostare lo sguardo da noi a Lui, alla Sua grazia: chi potrebbe altrimenti seguire Gesù e quanti pochissimi amici avrebbe il Signore? Proprio la grazia viene in aiuto alla nostra debolezza.
Carissimi il Signore vuole renderci liberi da questa tendenza oppositiva, vuole renderti libero interiormente e padrone di te e tutte le cose siano soggette a te e non tu soggetto alle cose.
Il Signore Gesù vuole che tu viva il grande dono della libertà dei figli di Dio i quali stanno sopra le cose presenti e contemplano quelle eterne.
I figli di Dio guardano con l’occhio sinistro le cose transitorie e col destro quelle celesti, essi non sono attirati dai beni temporali per attaccarvisi, ma piuttosto, li attirano a sé per servirsene bene.
Ora il consiglio dato è quello di non fermarti alla tua superficialità, all’apparenza esteriore e di non esaminare con occhio carnale ciò che hai veduto o sentito, ma in qualunque circostanza entri subito in preghiera per ricevere consiglio dal Signore, così facendo tornerai ammaestrato in molte cose presenti e future.
Molti Santi e diversi di noi hanno cominciato a comprendere questo e fanno ricorso alla preghiera per sciogliere i dubbi e le questioni per sottrarsi ai pericoli e alle altre malvagità degli uomini.
Tu pure va e fa così e per ogni necessità implora il soccorso divino. Giosuè e i figli di Israele furono ingannati perché prima non consultarono il Signore ma troppo creduli alle dolci parole, furono presi da una finta pietà: ma quanti di noi (anche in mezzo a noi) vengono illusi da finte pietà, sdolcinamenti, seduzioni, inganni, ecc.
Fratelli, spesso questo succede nelle nostre comunità, ci fidiamo degli altri ma non preghiamo, viviamo quella accidia che non ci permette di pregare e poi finiamo per commettere dei grandi errori. Chi vi parla ha vissuto tutto questo. Anch’io mi sono lasciato prendere dall’accidia e non ho più pregato commettendo errori ed ora sono qui affinché, in tutta umiltà, non facciate gli stessi sbagli che ho fatto io, prima di tutto di fidarmi delle mie forze, di essere capace da solo ad uscirne fuori: non lasciate spazio agli inganni del demonio.
Una volta che si è caduti, fratelli carissimi, non si può ritornare indietro; le pene, i sensi di colpa, le diffidenze, il peccato cercano di cancellare quanto di buono è stato fatto e basta pochissimo per ritornare indietro. Come dice la Scrittura si ritorna indietro sette volte peggio della prima condizione iniziale; satana è un leone ruggente che va in cerca chi divorare, ecco perché devo prendere la mia croce e seguire Gesù per essere libero, solo la croce mi rende libero/libera.
A molti sembra duro rinnegare sé stessi ma sarà molto più aspro il sentirsi dire parole estreme: “via da me”. Quelli che ascoltano volentieri e seguono la parola della croce, non temono la sentenza d’eterna dannazione. Tutti i servi della croce che si conformeranno in vita al crocifisso, si accosteranno con gran fiducia al Cristo giudice.
La croce è l’unico mezzo che ci permette di salire al Suo Regno, nella croce c’è salvezza, c’è difesa, c’è infusione celeste, c’è gioia di spirito, nella croce c’è perfezione, santità.
Ognuno decida di prendere la propria croce e segua Gesù, e chi non lo ancora fatto lo faccia ora, non perda più tempo, anche il tempo è dono di Dio, non lo sciupiamo, il tempo che passa non tornerà più indietro, come ebbe a dire sant’Agostino: “Tardi t’amai, bellezza tanto antica e tanto nuova. Ed ecco, tu eri dentro di me ed io fuori di me ti cercavo e mi gettavo deforme sulle belle forme della tua creazione. Tu hai chiamato e gridato, hai spezzato la mia sordità, hai brillato e balenato, hai dissipato la mia cecità, hai sparso la tua fragranza ed io respirai ed ora anelo verso di te; ti ho gustato ed ora ho fame e sete, mi hai toccato, ed io arsi nel desiderio della tua pace (Sant’Agostino: Le Confessioni, X, 27)”.
Dobbiamo cominciare a comprendere che la strada della croce ci è permessa sempre in una misura non superiore alle nostre forze, proprio per limitare i desideri della carne, per abbassare le opposizioni allo Spirito, per crescere in umiltà e pazienza, in preghiera e fortezza, per soggiogare il mondo della carne.
Carissimi non possiamo trovare riposo in questa vita, in che maniera arriveremo al riposo eterno?
Dobbiamo cercare la vera pace, non in terra, ma in cielo, non negli uomini o in altre creature, ma solo in Dio.
Il Signore, quelli che ama, li prova come l’oro nel crogiuolo, dobbiamo imparare quindi a superare attraverso la croce e per amore del Signore, fatiche e dolori, tentazioni, travagli, ansietà, miserie, infermità, ingiustizia, maldicenze, rimproveri, umiliazioni, vergogne, correzioni e disprezzi. Tutto questo giova alla virtù, tutto questo prova il vero discepolo in Cristo: “Io renderò il premio eterno, per una breve pena e per una leggera fatica e per una leggera umiliazione una gloria infinita”.
Per quanto riguarda noi carismatici, tale esercizio della croce ci aiuterà a sparire sempre più nel servizio, per lasciar posto al Signore: io diminuisco Lui cresce e l’esercizio della croce tende a far crescere e a purificare un carismatico.
Pertanto l’esercizio dei doni naturali e soprannaturali ricevuti, regalo del Signore, per quel che dipende da noi, abbiamo l’obbligo di applicarli e farli maturare e crescere per portarli alla piena maturità di espressione.
Pertanto un carismatico deve comprendere che, illuminato dallo Spirito, deve rendersi conto della sua situazione di servitore che lo porterà a vivere circostanze particolarmente simili a quelle che visse Gesù.
Ed è per questo che la croce occupa il punto centrale della vita di un carismatico, di un cristiano, che lo porta a risorgere in Cristo. Per chi aspira a onori, a successi, a gloria mondana, la croce diviene motivo di scandalo, è un nemico che attenta alla propria felicità.
L’uomo superbo che vuole essere padrone incontrastato della propria vita, si ribella a qualunque forma di sofferenza fisica o morale che gli impedisce di affermarsi al suo talento. Si può allora correre il rischio di diventare, da apostoli, nemici della croce di Cristo.
Soltanto gli umili sono capaci, come Gesù, di piegare le spalle sotto il peso della croce di accettare come Lui gli oltraggi, umiliazioni, trattamenti ingiusti. E soltanto in essi la croce compie quell’opera di purificazione e distruzione del peccato che dispone l’uomo a risorgere in Cristo.
Gesù ha condannato pubblicamente la condotta dei farisei che amano i primi posti nei convitti, e i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze e sentirsi chiamati “rabbi” dalla gente. Un discorso simile lo fa in disparte agli apostoli, un po’, come lo fa a noi in questo momento: “Voi sapete che i capi delle nazioni dominano su di esse e i grandi le signoreggiano, non così dovrà essere tra di voi” (Mt 20,25-26).
I discepoli del Signore non devono lasciarsi contaminare né dalla mentalità dei farisei, né da quella dei grandi del mondo. La loro condotta deve essere completamente opposta, non dominare ma servire. Non primeggiare ma fraternizzare, anzi mettersi al di sotto degli altri, scegliere l’ultimo posto. Chi vorrà diventare grande tra di voi, si farà vostro servo, e chi vorrà essere il primo tra di voi si farà vostro schiavo.
Giacomo e Giovanni che aspiravano ai primi seggi nel Regno di Cristo, sanno così come devono comportarsi, per conquistarli, farsi piccoli, servi dei fratelli. Ciò è sbalorditivo, per chi giudica secondo la sapienza della carne, è incomprensibile, per chi giudica secondo Dio, è invece sapienza divina avvolta nel mistero di Cristo crocifisso. Non esiste altra via per essere seguaci di colui che è venuto per servire e non per essere servito e dare la Sua vita in riscatto di molti. Tutta la vita Gesù e particolarmente la Sua passione, ha un profondo significato di servizio per la gloria del Padre e per la salvezza degli uomini. Bere il Suo calice vuol dire accettare di seguirlo, per questa via di umiltà e di croce, darsi al servizio di Dio e dei fratelli, con la convinzione di dovervi spendere tutte le proprie forze. Per me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo e Salvatore.
Con questa riflessione il Signore Gesù vuole farci comprendere l’importanza della croce perché l’unico mezzo che ci aiuta a rinunciare noi stessi per entrare nella vita eterna, nella Nuova Gerusalemme, in quella vita che non muore più. – Amen